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Riforma fiscale e nuove aliquote Irpef. Come potrebbe cambiare il nuovo fisco

Approvata dal Governo la legge Delega che segna le linee guida della riforma fiscale: sull'Irpef, ipotesi riduzione a sole 3 aliquote (al 23, al 35 e al 43%) in attesa di arrivare all'aliquota unica. Sbuca la possibilità di deduzione per le spese realmente sostenute dai lavoratori dipendenti e una revisione dei bonus (detrazioni, deduzioni e crediti d'imposta). Ecco come potrebbero cambiare le cose e chi potrebbe beneficiare del nuovo fisco.

  • contributo tecnico di
  • Tatiana Oneta
17 marzo 2023
  • contributo tecnico di
  • Tatiana Oneta
Tasse

Immagine a titolo d'esempio

Con la legge delega appena approvata dal Consiglio dei Ministri, il Governo ha stabilito le linee guida che seguirà la riforma fiscale da qui ai prossimi due anni. Le indicazioni contenute nella legge spaziano dall’Irpef alle addizionali, passando per la tassazione delle imprese, fino ad arrivare all’Iva, alle successioni e alle imposte locali, senza dimenticare la lotta all’evasione fiscale.

Particolare attenzione è però puntata alla riforma della tassazione delle persone fisiche (Irpef): per il Governo Meloni l’intento è arrivare ad avere una flat tax per tutti, così come attualmente viene prevista per gli autonomi che scelgono il regime forfettario. L’obiettivo è quindi quello di un’aliquota unica che si affianca alla revisione delle detrazioni e delle deduzioni. Infatti, la sola modifica delle aliquote Irpef comporterebbe la perdita di equità e il mancato rispetto di quanto stabilito dalla Costituzione, cioè il principio della progressività dell’imposta.

Anche se occorrerà attendere i decreti attuativi per conoscere nel dettaglio gli snodi applicativi fondamentali che riguardano ad esempio il livello delle aliquote che dovranno essere utilizzate, è tuttavia possibile vedere quali sono le ipotesi di scaglioni più accreditate e provare a fare qualche calcolo per capire quali fasce di reddito beneficeranno davvero di un alleggerimento della pressione fiscale

Le nuove aliquote Irpef: ipotesi 23, 35 e 43%

Una riforma che possa garantire il passaggio dalle attuali aliquote Irpef a una unica dovrà essere attuata gradualmente, infatti, si parla di arrivare in un primo momento a 3 aliquote, per poi ridurle ulteriormente. Come abbiamo detto, la legge delega non stabilisce già ora l’ammontare delle nuove aliquote da applicare ai redditi e nemmeno la loro quantità; tuttavia, diverse ipotesi sono trapelate anche se valutarne l’impatto non sarà possibile sino a quando non si abbia un quadro completo anche delle detrazioni da lavoro e da pensione che si affiancano all’Irpef e che ne influenzano l’onerosità. Nell'ipotesi più accreditata sono previste 3 aliquote (al 23%, al 35% e al 43%), contro le 4 attuali.

Attuali e nuove aliquote a confronto

Scaglioni di reddito attuali

Irpef attuale

Nuova Irpef

0 – 15.000 euro

23%

23%

15.000 – 28.000

25%

28.000 – 50.000

35%

35%

Oltre 50.000

43%

43%

Come si nota, i benefici maggiori dovrebbero riguardare i redditi fino a 28.000 euro, per i redditi più alti la riduzione sarebbe di 260 euro fissi all’anno. Tuttavia, è fondamentale sommare l’effetto delle detrazioni da lavoro per capire quanto realmente ci guadagnano le varie fasce di reddito. Infatti, rimanendo con le attuali detrazioni, la fascia di reddito più bassa non avrebbe nessun guadagno. Per capirci facciamo due esempi, usando le nuove aliquote e le attuali detrazioni da lavoro dipendente. Il carico fiscale di un lavoratore che guadagna attualmente 15.000 euro lordi annui è di 1.570 euro annui, pari a uno stipendio di poco più di 1.000 al mese per 13 mensilità. Con la riforma nulla cambierebbe.

Il discorso cambia per un reddito di 25.000 euro, infatti attualmente l’Irpef netta è di 3.765 euro per uno stipendio poco più alto di 1.600 euro al mese per 13 mesi. Con la modifica delle aliquote si arriva a un risparmio di 200 euro annui, pari a circa 15 euro al mese.

Nuove deduzioni per i dipendenti

Una novità molto interessante contenuta nella legge delega, riguarda invece l’ipotesi di introdurre delle deduzioni dal reddito per i lavoratori dipendenti, legati alle spese davvero sostenute per produrlo. Si pensi ad esempio ai costi di trasporto che un dipendente deve sostenere per recarsi al lavoro, ai costi per il pranzo (non sempre coperti da buoni pasto o mense aziendali), o a quelli sostenuti ad esempio da chi lavora in smartworking in termini di attrezzature e corrente elettrica. Tuttavia è bene precisare che anche in questo caso la legge delega fornisce solo linee guida, e che occorrerà attendere i singoli decreti attuativi per capire su quali spese e in che misura il governo intende davvero intervenire.

Possiamo comunque immaginare un possibile intervento che vada a toccare le spese che ogni giorno, chi lavora, deve sostenere. Prendiamo ad esempio il tragitto casa-lavoro: attualmente è prevista solo la possibilità di detrarre l’acquisto di un abbonamento ai mezzi pubblici per una spesa massima di 250 euro annui, oppure di utilizzare il bonus trasporti di massimo 60 euro. Con la riforma, potrebbe esser possibile ad esempio sottrarre dal reddito su cui si pagano le tasse, le spese sostenute per recarsi al lavoro, a prescindere dal mezzo utilizzato.

È quello che succede, ad esempio, in Francia dove in sede di dichiarazione dei redditi i lavoratori dipendenti possono produrre i giustificativi di spesa e dedurli dal reddito o applicare una deduzione forfettaria pari al 10% del reddito prodotto. Se facessimo un esempio sul modello francese, un dipendente con un reddito annuo lordo di 25.000 euro su cui paga le imposte, applicando una deduzione forfettaria del 10%, le pagherebbe solo su 22.500 euro; questo porterebbe a recuperare in dichiarazione dei redditi 625 euro (ipotizzando di usare anche solo le attuali aliquote e scaglioni Irpef). Si tratta di un contributo notevole più alto rispetto all’attuale 19% di 250 euro riconosciuto solo in caso di utilizzo dei mezzi pubblici.

La flat tax incrementale

Una ulteriore proposta riguarda la possibilità di tassare con un’aliquota unica, una flat tax appunto, gli incrementi di reddito. Di fatto, si tratta di applicare un’aliquota unica sostitutiva dell’Irpef e delle addizionali, solo sulla parte di reddito pari alla differenza tra il reddito dell’anno e quello più alto dei tre anni precedenti. In pratica si tratta di ridurre la tassazione sugli aumenti di reddito per non farli erodere dal fisco.

Revisione dei bonus, l'altra metà della riforma

Detrazioni, deduzioni e crediti d’imposta identificati genericamente come bonus rappresentano un costo enorme per lo Stato e spesso non comportano reali benefici per i cittadini perché a conti fatti rappresentano davvero un minimo contributo per le reali esigenze quotidiane. Tra quelle destinate alle famiglie e quelle alle imprese, comprese le agevolazioni sulle imposte indirette come l’Iva se ne contano più di 700, per un costo statale annuo che nel 2020 superava i 60 miliardi e con l’introduzione delle maxi-agevolazioni legate al superbonus il conto negli ultimi anni è stato sicuramente molto più alto, con le conseguenze note a tutti.

Un esempio emblematico della parcellizzazione delle agevolazioni è da sempre rappresentato dalla detrazione per il nido, pari al 19% di 632 euro annui a figlio, cioè un recupero in dichiarazione dei redditi di 120 euro che corrispondono in molti casi a meno di una settimana di frequenza. A questo si affianca però il bonus asili nido che rappresenta un contributo decisamente più congruo rispetto alla spesa che sostengono le famiglie mensilmente, ma non si capisce il motivo di questa differenziazione per una misura che è volta a sostenere la stessa spesa.

Per questo motivo, il Governo vuole rivedere tutti i trasferimenti attualmente in essere, attraverso il riordino e l’eliminazione di parte delle deduzioni dal reddito, delle detrazioni d’imposta e dei crediti d’imposta. Tuttavia, nella legge delega viene indicato il limite che il Governo si è posto, escludendo dallo stralcio i bonus legati:

  • alla composizione del nucleo familiare;
  • alla tutela della salute e dell’istruzione;
  • a tutela della casa;
  • alla previdenza complementare;
  • al miglioramento dell'efficienza energetica e della riduzione del rischiò sismico del patrimonio edilizio esistente.

In pratica, la revisione dei bonus non dovrebbe toccare quelli che vengono considerati di primaria necessità per le esigenze delle famiglie.

Allo stesso modo però nella revisione di queste voci di spesa, il Governo vuole introdurre la una grossa novità che riduce qualsiasi bonus, infatti, per il calcolo del reddito utile a valutarne la spettanza, verranno considerati anche i redditi di natura non tributaria, quelli assoggettati ad imposte sostitutive e a ritenute alla fonte a titolo di imposta sul reddito delle persone fisiche, con esclusione dei soli redditi di natura finanziaria.

Le tappe della riforma fiscale

La legge delega sulla riforma fiscale incarica il Governo Meloni ad attuare nell’arco di 2 anni dalla sua approvazione, tutte le misure che sono state inserire al suo interno. Questo il motivo per cui al momento non si ha nulla di certo o di definitivo; infatti, le leggi delega contengono i principi generali cui devono attenersi i legislatori nell’emanare i decreti legislativi che le attuano rendendole realmente operative.

In pratica, dobbiamo attendere che la legge delega venga approvata e pubblicata in Gazzetta ufficiale e il Governo pare si sia dato tempo fino a questa estate per concludere questa prima fase. Successivamente partono i 24 mesi che vedranno l’emanazione progressiva dei decreti legislativi necessari ad attuarla.