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Cambiano le linee guida anti-Covid: ecco le nuove regole

L'Istituto superiore di sanità approva un documento con le nuove linee guida da seguire per contenere i nuovi casi, in risalita anche a causa delle varianti. La distanza da mantenere dalle altre persone arriva fino a due metri quando non è possibile indossare la mascherina, come quando si è a tavola per mangiare o bere. Sì alla singola dose per vaccinare chi ha già avuto il Covid, purché l'infezione sia avvenuta da più di tre mesi. Ecco cosa cambia. 

17 marzo 2021
Nuove linee guida anti-Covid

Cambiano le misure di contenimento per limitare la diffusione del Covid-19 su tutto il territorio nazionale. A causa dell'impennata dei casi dovuta anche alle varianti in circolo, Istituto Superiore di Sanità, Inail, ministero della Salute e Aifa hanno stilato un documento che mette nero su bianco le nuove regole da seguire per limitare i contagi. Aumenta la distanza dalle altre persone quando si è senza mascherina (come a tavola o mentre si beve): per evitare rischi in queste circostanze è bene mantenere i due metri. Sancite anche le nuove linee guida sulle vaccinazioni da somministrare a chi ha già avuto il Covid, è possibile prevedere un'unica dose, purché la vaccinazione avvenga ad almeno tre mesi di distanza dall'infezione. Ribadite anche le precauzioni necessarie, come il lavaggio delle mani, il distanziamento e l'uso della mascherina, anche per le persone vaccinate. 

Le linee guida dell'ISS: il dettaglio

Vediamo nel dettaglio tutte le misure contenute nel documento “Indicazioni ad interim sulle misure di prevenzione e controllo delle infezioni da SARS-CoV-2 in tema di varianti e vaccinazione anti-COVID-19” stilato in linea con le raccomandazioni dell'Organizzazione mondiale di Sanità e dell’organismo di prevenzione e controllo delle malattie europeo e americano (CDC).

A causa della circolazione delle varianti bisogna modificare le misure di prevenzione e protezione?

No, secondo l’Iss non bisogna modificare le misure di prevenzione e protezione basate sul distanziamento fisico, sull’uso delle mascherine e sull’igiene delle mani. Tuttavia, è necessaria una applicazione più attenta e rigorosa di queste misure, visto che le prime evidenze scientifiche sembrano mostrare una maggiore carica virale nelle vie aeree superiori delle persone infettate da queste nuove varianti, anche se non è ancora noto per quanto tempo il virus persista in forma attiva e quindi capace di contagiare. Inoltre, se possibile, bisogna evitare i luoghi al chiuso.

Relativamente al distanziamento fisico, secondo l'Iss sarebbe opportuno aumentare il distanziamento fisico fino a due metri, laddove possibile e specialmente in tutte le situazioni nelle quali venga rimossa la mascherina (come, ad esempio, quando si è a tavola per mangiare o bere), sebbene manchino prove scientifiche in merito. Al fine di limitare la diffusione delle varianti, l’Iss suggerisce di isolare in una stanza singola, laddove possibile, i pazienti con diagnosi sospetta o certa di infezione da varianti, nonostante non vi siano attualmente evidenze scientifiche in merito.

Test diagnostici e varianti
Per garantire la corretta diagnosi d’infezione sostenuta da varianti virali i test diagnostici molecolari real-time PCR devono essere multi-target, capace di rilevare più geni del virus e non solo quelli Spike (S), in quanto le varianti presentano mutazioni a carico di questo gene e pertanto potrebbe dare dei falsi negativi.
Le persone che hanno già fatto il vaccino devono continuare a rispettare le misure anti-Covid?

Tutte le persone vaccinate, sia in ambito domestico che lavorativo (compresi gli operatori sanitari) devono continuare a seguire rigorosamente le misure raccomandate (distanziamento fisico, mascherine/dispositivi di protezione individuale, igiene delle mani) per proteggere se stessi e gli altri (colleghi, pazienti, familiari) anche se hanno terminato il ciclo di vaccinazione o si sottopongono regolarmente a programmi di screening dell’infezione. A preoccupare è l’attuale situazione epidemiologica che vede la circolazione di nuove varianti virali, che appaiono più contagiose rispetto al virus che circolava nella prima fase della pandemia e per le quali la protezione vaccinale potrebbe essere inferiore a quella esercitata rispetto al ceppo virale originario.

Nel documento l’ISS sottolinea che gli studi clinici condotti finora hanno permesso di dimostrare l’efficacia dei vaccini nella prevenzione delle forme clinicamente manifeste di COVID-19, anche se la protezione, come per molti altri vaccini, non è del 100%. Inoltre, non è ancora noto quanto i vaccini proteggano le persone vaccinate anche dall’acquisizione dell’infezione. È possibile, infatti, che la vaccinazione non protegga altrettanto bene nei confronti dell’infezione asintomatica e che, quindi, i soggetti vaccinati possano ancora acquisire SARS-CoV-2, non presentare sintomi e trasmettere l’infezione ad altri soggetti. Al momento ci sono dati piuttosto frammentari sulla capacità neutralizzante nei confronti delle varianti da parte di sieri ottenuti dopo vaccinazione. A preoccupare sono soprattutto le varianti sud-africana e brasiliana verso cui i vaccini Pfizer e Moderna hanno evidenziato in vitro una ridotta attività neutralizzante da parte del siero dei soggetti vaccinati. Inoltre, secondo uno studio recentemente pubblicato sulla rivista The New England Journal of Medicine (NEJM), l’efficacia del vaccino AstraZeneca risulterebbe bassa per prevenire forme di malattia di grado lieve o moderato nel contesto epidemico sud-africano, a dimostrare la capacità della variante di eludere parzialmente la risposta immunitaria evocata dal vaccino.

Se una persona che ha ricevuto una o due dosi di vaccino viene identificata come contatto stretto di un caso positivo, deve osservare un periodo di quarantena?

Si, anche una persona vaccinata contro Sars-Cov-2, dopo un’esposizione ad alto rischio e considerata “contatto stretto” di un caso Covid-19, deve adottare le stesse indicazioni preventive valide per una persona non sottoposta a vaccinazione. A prescindere dal tipo di vaccino ricevuto, dal numero di dosi e dal tempo intercorso dalla vaccinazione, la persona vaccinata considerata “contatto stretto” deve osservare, purché sempre asintomatica, un periodo di quarantena di 10 giorni dall’ultima esposizione con un test antigenico o molecolare negativo effettuato in decima giornata o di 14 giorni dall’ultima esposizione al caso, come da indicazioni contenute nella Circolare n. 32850 del 12/10/2020.

Per limitare la diffusione di nuove varianti virali, in caso di infezione da variante, la quarantena non può essere interrotta al decimo giorno e deve essere effettuato un test molecolare al 14° giorno di quarantena. I contatti che siano operatori sanitari o altre persone che forniscano assistenza diretta a un caso Covid-19 oppure personale di laboratorio addetto alla manipolazione di campioni di un caso Covid-19, se provvisti dei DPI e dispositivi medici prescritti, vengono equiparati a soggetti “a basso rischio”; in questi soggetti non si applica la misura della quarantena. In caso di comparsa di sintomatologia compatibile e/o positività al test antigenico o molecolare per Sars-Cov-2 devono essere adottate le indicazioni di isolamento contenute nella circolare del Ministero della salute del 12 ottobre 2020 33 e del 31 gennaio 2021 (n. 3787).

Una persona vaccinata può re-infettarsi?

Anche le persone vaccinate, seppur presentino un rischio inferiore, possono andare incontro a infezione da Sars-Cov-2, in quanto nessun vaccino è efficace al 100% e la risposta immunitaria alla vaccinazione può variare da soggetto a soggetto, anche in base alle caratteristiche individuali della persona (es. età anagrafica) oppure a condizioni cliniche concomitanti (es. immunodeficienza, specifiche co-morbosità).

Per questo motivo, anche dopo un ciclo di vaccinazione completo, alcune persone potrebbero non sviluppare una risposta immunitaria protettiva (fenomeno noto come fallimento vaccinale) tale da impedire l’acquisizione dell’infezione e la malattia Covid-19. Sulla base delle conoscenze acquisiste da altri coronavirus e altre vaccinazioni, nelle persone che hanno sviluppato una risposta immunitaria post-vaccinale, si verifichi una graduale perdita dell’immunità nel corso dei mesi o anni dopo la vaccinazione (fallimento vaccinale secondario). Il rischio di re-infezione da Sars-Cov-2 è stato valutato in uno studio multicentrico di coorte condotto su oltre 6.600 operatori sanitari nel Regno Unito. I risultati mostrano che nei soggetti con pregressa infezione da Sars-Cov-2 la probabilità di reinfezione sintomatica o asintomatica è ridotta dell’83% e che la durata dell’effetto protettivo dell’infezione precedente ha una mediana di 5 mesi.

Non sono da considerarsi fallimenti vaccinali, le infezioni post-vaccinazione che si verificano:

  • nei giorni immediatamente successivi alla vaccinazione, in quanto l’organismo necessita di un tempo minimo per sviluppare una completa risposta immunitaria protettiva. Nella maggioranza della popolazione vaccinata, la prima dose di vaccino conferisce una protezione solo parziale, che inizia 2 o 3 settimane dopo, a seconda del vaccino. Per tutti i vaccini al momento in uso in Italia è necessaria la somministrazione della seconda dose di vaccino al fine di ottenere una protezione ottimale;
  • in una persona che, al momento della vaccinazione, si trovava senza saperlo in fase di incubazione. In questi casi, l’infezione può manifestarsi dopo la vaccinazione e prima dello sviluppo di una risposta protettiva

Inoltre, poiché lo sviluppo dei vaccini anti-COVID-19 è stato molto rapido, non si conosce ancora la durata della protezione data da questi vaccini.

I contatti stretti di un caso di Covid-19 quando possono essere vaccinati?
I contatti stretti di un caso Covid-19 dovrebbero terminare la quarantena di 10-14 giorni prima di sottoporsi a vaccinazione sia per per non rischiare di esporre a Sars-Cov-2 le persone nei mezzi pubblici, il personale sanitario deputato alle vaccinazioni, le altre persone presenti nel centro vaccinale, ma anche perché non si sa se la somministrazione del vaccino dopo l’esposizione al virus sia in grado di prevenire il Covid-19. Se si tiene in considerazione che il periodo di incubazione per Covid-19 è in media di circa 5 giorni, è poco probabile che il vaccino possa indurre una risposta immunitaria sufficientemente rapida da impedire l’infezione/malattia.
Chi ha avuto il Covid-19 deve comunque vaccinarsi? Inoltre, è a rischio di avere delle reazioni avverse più frequenti o gravi al vaccino?

La vaccinazione anti-Covid-19 si è dimostrata sicura anche in persone con una pregressa infezione da Sars-Cov-2, sintomatica o asintomatica. È possibile considerare di vaccinarsi con una sola dose di vaccino purché la vaccinazione venga eseguita ad almeno 3 mesi di distanza dalla documentata infezione e, preferibilmente, entro i 6 mesi dalla stessa, in quanto. la risposta immunitaria evocata dalla prima dose di vaccino a mRNA è paragonabile o persino superiore a quella ottenuta con due dosi nei soggetti sieronegativi al momento della vaccinazione. Sulla base di dati molto preliminari è ipotizzabile che la seconda dose nei soggetti con pregressa infezione possa essere irrilevante. Fanno eccezione i soggetti che presentino condizioni di immunodeficienza, primitiva o secondaria a trattamenti farmacologici, i quali, pur con pregressa infezione da Sars-Cov-2, devono essere vaccinati quanto prima e con un ciclo vaccinale di due dosi.

Non è indicato di eseguire test diagnostici prima della vaccinazione per accertarsi di aver contratto una pregressa infezione. Relativamente alla sicurezza della vaccinazione nelle persone con pregressa infezione, gli studi con cui sono stati registrati i vaccini non hanno rilevato differenze significative tra i siero positivi (che rappresentavano solo il 2-2.5% dei partecipanti) e quelli negativi (che non presentano anticorpi contro Sars-Cov-2). Tuttavia, alcuni recenti studi mostrano un aumento della frequenza di sintomi sistemici come febbre, mal di testa, brividi, debolezza nei soggetti con pregressa infezione rispetto ai siero negativi. Inoltre, pazienti Covid-19 trattati con anticorpi monoclonali o con plasma di pazienti convalescenti dovrebbero attendere 90 giorni prima di ricevere il vaccino Covid-19.